Le origini del Patriziato di Bidogno, a somiglianza degli altri della Capriasca, affondano le loro radici nel lontano Medioevo, precisamente nell'11.esimo secolo. Storia e leggenda si completano a vicenda, generando una sintesi con tutti i requisiti classici per diventare fonte di studi specialistici corredati da dovizia di particolari, improponibili in questa sede ma di sicuro interesse.
Tutti sono comunque a conoscenza della vicenda, drammatica e triste, della Contessa Grassa, madre inferma di Arnoldo e Azzone, nobili longobardi di Milano animati da ambiziosi progetti feudali a scapito della popolazione capriaschese.
Corruzioni di ogni tipo, miseria e pestilenze fanno da fosco sfondo ad un periodo storico agitato nel quale le ingiustizie e le prevaricazioni diventano legge ed ingenerano scontri rudi e sovente cruenti.
I due fratelli, figli del loro tempo, al colmo della cupidigia arrivano al punto di pugnalare il sacerdote della Pieve, tale don Fedele, in quanto, si racconta, aveva avuto il coraggio di pubblicamente parteggiare per i diritti della popolazione contadina locale.
La Contessa Grassa, con testamento del 1078, per espiare il grave sacrilegio che "ha macchiato per l'eternità l'anima dei figli", decide di rinunciare ai diritti feudali e di lasciare l'intera sua proprietà alla Chiesa di Santo Stefano. Con questo gesto la Capriasca diventa a tutti gli effetti dei Capriaschesi.
Il Patriziato di Bidogno potrebbe esser nato anche a seguito dei fatti citati e dei beni ricevuti dalla Contessa Grassa, suddivisi poi fra le comunità della regione. Bidogno ottenne un territorio piuttosto vasto in considerazione del fatto che, con i suoi 54 fuochi, era una delle comunità più grandi.
Intanto, tra il 1100 e il 1300, Bidogno edifica la sua chiesa (una mole notevole con un imponente campanile) e proclama S.Barnaba patrono del villaggio: è il 26 febbraio 1487! Nel 1615, Bidogno si stacca spiritualmente da Tesserete e diventa parrocchia autonoma.
Per quanto concerne i secoli successivi non esistono documenti di rilievo che possano chiarire situazioni, condizioni sociali e vicende notevoli; si presume, secondo logica, che la vita dei patrizi di Bidogno sia trascorsa in modo semplice e rude, legata alle scarse risorse che l'agricoltura di montagna e la pastorizia potevano offrire.
Fatte queste premesse è pure lecito pensare ad una forte coesione fra i patrizi a salvaguardia, per impellenti necessità vitali, dei beni comuni: è l'avvio vero e proprio dell'amministrazione patriziale.
Il Patriziato di Bidogno è povero: non possiede beni che gli permettono di ottenere entrate finanziarie cospicue e regolari. In passato doveva aggrapparsi alla misera imposta patriziale, da decenni ormai fuori corso, visto l'abbandono dell'attività agricola da parte dei suoi patrizi.
Resta, è vero, il ricavo dalla vendita del legname, ma anche da questo punto di vista gli importi non sono tali da permettere una facile prospettiva nell'ambito degli investimenti.
Questi dati di fatto, poco rassicuranti, non hanno comunque mai scoraggiato i suoi amministratori, i quali con dedizione, tenacia e amore per quanto ricevuto in eredità dai loro predecessori si sono sempre impegnati in opere che solo chi ha sperimentato le autentiche fatiche della vita rurale è in grado di apprezzare nella loro reale portata.
Nell'ultimo ventennio il Patriziato di Bidogno si è impegnato con entusiasmo e dinamismo nella realizzazione di opere di fondamentale importanza.
In primis si è trattato di riattare i due immobili (Grotto al Mulino e Alpe di Musgatina) che, purtroppo, palesavano l'usura del tempo e che perciò non soddisfacevano più le attuali esigenze dell'Ente.
Nel contempo andava salvaguardato il suo stupendo patrimonio forestale e ambientale.
La posta in palio era epocale, urgente ed esigente.
All'Ufficio patriziale si è presentata una grossa mole di lavoro, intrisa di ostacoli burocratici di ogni genere e costellata da prospettive onerose da affrontare a brevi scadenze.
Portare a termine un programma tanto arduo è stata una vera e propria impresa, sia dal profilo tecnico, sia soprattutto dal profilo finanziario.
Per quanto attiene la riuscita di queste importanti opere è risultata determinante la competenza e la disponibilità del presidente Ruggero Canonica; il suo fattivo contributo è stato determinante nella realizzazione dei vari interventi, oggi visibili a tutti, oltre che apprezzati dalle autorità cantonali e comunali.
Il Presidente ha trovato nel vicepresidente Daniele Bindella il tecnico ideale, nel segretario Giorgio Domeniconi un solerte e coscienzioso contabile e in tutti i Membri e Supplenti dell'Ufficio patriziale dei preziosi collaboratori sempre pronti ad offrire il loro contributo nelle più disparate mansioni.
Riguardo al profilo finanziario, va segnalato e ringraziato il Canton Ticino per i sussidi pubblici ottenuti per il tramite dei suoi uffici preposti e pure lodata la generosità di alcune Associazioni benefiche, Enti pubblici e privati (Patenshaft, Consiglio di Stato del Canton Zurigo e Comune di Meilen, alcuni facoltosi e generosi cittadini abitanti sulla sponda sinistra del lago di Zurigo) sensibili alle sincere intenzioni di Enti in difficoltà finanziaria.
I loro contributi sono stati provvidenziali; senza il loro altruismo il Patriziato di Bidogno non avrebbe potuto dotarsi di quelle opere che allo stato attuale gli garantiscono un decoroso futuro negli àmbiti che gli sono specifici.
Come patrizi ci è doveroso esternare nei loro confronti il più sentito ringraziamento.
La buona riuscita delle opere ci deve onorare come patrizi, sia al cospetto dell'opinione pubblica sia nel ricordo di chi ha retto, in passato e in tempi non certo agevoli, le sorti del Patriziato.
In sintesi le realizzazioni più evidenti sono tre:
Nel 2008 il Patriziato è entrato in possesso gratuito (donazione da parte del Comune di Bidogno) di una sede stabile (Casa patriziale) nella quale svolgere la propria attività gestionale.
Il Comune, con sensibilità, si è fatto autore di un gesto altamente civile: un atto di riconoscenza spontaneo, in considerazione degli aiuti concreti ricevuti dal nostro Ente in passato ma soprattutto in tempi recenti (fornitura gratuita dell'acqua potabile).
Il sigillo comunale, in auge prima della fusione con Capriasca, si presentava con fondo rosso sul quale campeggiava un caprone nero (Capriasca) che sovrastava due spighe dorate (Biadogno, da "biada" = Bidogno).
Quello patriziale gli è simile, con un paio di differenze: sul fondo giallo non è più rappresentato un caprone bensì una capra.
Bindella:
Bagàt, Lèma
Canonica:
Battistin, Biàs, Sbigiòn, Orpa, Sbersìga, Pinòta, Brìgid, Ghé, Tovaia
Cattani
Domeniconi
Polte, Gioredina, Bizzarin , Baléra, Lö, Lévròn, Cécòn, Garèla
Fontana:
Gussa, Ventìga
Giovanelli:
Borda, Ullin
Galli:
Brégnon, Gai
Muschi:
Carlà, Roi
Ponci:
Zilà
Quattrini
Romanin
Quirici
Cavaliér, Pédròn, Carérìn, Nani, Tosci , Sbògia, Minossè, Sézìa, Caréra,
Chico, Carèta, Ongia, Brola
Sarinelli
Sarinéi
Storni
Ciga, Barbà
Vanetta
Contin, Mòngia
Foladori (Folladori)